Sempre più alieni nel Lago di Garda

Una serie di interessanti spunti di lettura sulla presenza di specie aliene nel nostro lago. Tra queste, l’avvistamento nel 2008 anche di una medusa d’acqua dolce la Craspedacusta sowerbii, una specie originaria della Cina.

Craspedacusta sowerbii

L’Arena: http://www.larena.it/territori/garda-baldo/sempre-pi%C3%B9-specie-straniere-nel-lago-di-garda-sono-ben-42-1.5784056

Gardapost: http://www.gardapost.it/2015/03/18/allarme-invasione-aliena-sul-garda/

Grafene, amico degli oceani

Robot rivestiti di grafene per la pulizia degli oceani che grazie alle proprietà di questo materiale ipertecnologico sarebbero in grado di raccogliere dai mari sostanze inquinanti come plastica e metalli pesanti. Potrebbe, questo, essere uno dei tanti progetti di utilizzo di questo materiale che sarebbe in grado di far rivedere le stime apocalittiche secondo cui già nel 2050 negli oceani ci saranno più plastica e metalli pesanti che pesci.

Di AlexanderAlUS – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11294534

Un tappeto di meduse ricopre le spiagge liguri

Il mare e le spiagge della Liguria si sono riempite in questi giorni di meduse e mentre c’è chi parla di fenomeno stagionale, l’Enpa, ente nazionale protezione animali, punta invece il dito contro lo sfruttamento eccessivo del mare ad opera della pesca che priverebbe le meduse dei loro predatori naturali (testuggini, tonni, pesci luna, pesce azzurro, ecc..).
La Protezione Animali savonese ricorda invece che, “malgrado un uso di tecnologie sempre più aggressive, le catture nei mari italiani sono in declino dal 1999 perché i tre quarti degli stock ittici mediterranei sono sovra-sfruttati”.

Foto presa dal sito LiguriaOggi.it

Il morso letale della bavosa striata

All’apparenza sembra un pesciolino indifesto, poco più grande di un dito, con due grandi canini connessi a ghiandole velenifere in grado di iniettare sulle proprie vittime una tossina dall’effetto simile all’eroina o alla morfina. Un piccolino temuto anche dai predatori più grandi di lui che è diventato oggetto di studio per lo sviluppo di nuovi antidolorifici. Si tratta della Meiacanthus grammistes, un’appartenente alla famiglia Blenniidae, cioè pesci ossei che in italiano sono noti come bavose e che popola le acque dell’oceano pacifico. Per saperne di più consigliamo l’articolo apparso sul Repubblica.it che trovate cliccando qui.

Quando il selfie diventa un’opera d’arte

La Galleria Saatchi di Londra inaugura dal 31.03.2017 al 30.05.2017 la sua prima mostra sulla storia del selfie dall’autoritratto all’autoscatto, in un percorso suggestivo che parte dai maestri del Rinascimento fino alle opere di Van Gogh, Velázquez, Rembrandt e Frida Kahlo. Una celebrazione dell’autorappresentazione artistica che prende in considerazione però anche i più moderni autoscatti tra i quali, spicca per bellezza ed originalità anche quello di Cinzia Osele Bismarck che si intitola “Jellyselfie”, un autoscatto che come suggerisce il nome la ritrae in un mare di meduse. La foto è stata scattata nelle acque del Parco Nazionale Ras Mohamed di Sharm El Sheikh (Egitto) e la vede ritratta completamente circondata da meduse quadrifoglio (Aurelia aurita) meduse non pericolose per l’uomo.

Primo lionfish avvistato in acque italiane

Grazie ad una recente collaborazione tra ricercatori dell’Ispra, del Cnr e della American university of Beirut, il lionfish o pesce scorpione è stato segnalato per la prima volta in acque italiane e più precisamente all’interno della “riserva naturale orientata oasi faunistica di Vendicari”, in Sicilia. Si tratta di una specie velenosa e fortemente invasiva che crea forti impatti sulla biodiversità marina. Per saperne leggete qui l’articolo pubblicato sul sito di Repubblica.it.

Lionfish (Wikipedia)

La grande barriera corallina australiana è sempre più bianca

Per il secondo anno consecutivo nella grande barriera corallina australiana si è registrato, in modo massiccio, il fenomeno di sbiancamento dei coralli causato dall’aumento della temperatura delle acque che già nel 2016 provocò la morte del 22% dei coralli. Gli esperti del parco marino ancora non si sbilanciano nel dare numeri e previsioni, ma sono concordi nell’attribuire questa moria di coralli al cambiamento delle condizioni climatiche terresti. Le foto che documentano questo fenomeno sono impressionanti.